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illustrazione madre intenzionale e figlia PMA

PMA e genitorialità: cosa cambia (e cosa no) dopo le sentenze della Corte Costituzionale n. 68 e 69 del 2025

Il 22 maggio 2025 la Corte Costituzionale ha depositato due decisioni destinate a lasciare un segno nel diritto di famiglia: si tratta delle sentenze n. 68 e 69, che affrontano il riconoscimento della madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali e l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) per le donne single.

Le due pronunce, pur con esiti differenti, impongono una riflessione sui modelli di genitorialità riconosciuti dal nostro ordinamento e sull’urgenza di un intervento legislativo che garantisca uniformità, certezza e tutela piena per i diritti dei minori.

La madre intenzionale può essere riconosciuta fin dalla nascita

Con la sentenza n. 68/2025, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge n. 40/2004 nella parte in cui non consente il riconoscimento del figlio nato in Italia anche alla madre intenzionale, all’interno di coppie formate da due donne che abbiano fatto ricorso all’estero alla PMA eterologa.

Si tratta di una decisione di rilievo storico: la Consulta ha affermato che, quando vi è un progetto genitoriale condiviso e un consenso informato da parte di entrambe le donne, la genitorialità non può essere negata alla madre intenzionale, anche se priva di legame biologico con il minore. La Corte ha valorizzato il principio dell’interesse superiore del figlio e la necessità di garantire una cornice giuridica certa e stabile fin dalla nascita.

Le criticità ancora aperte

Nonostante la portata innovativa della pronuncia, restano alcuni nodi interpretativi rilevanti:

  • Il riconoscimento è automatico o formale?

Il dispositivo della sentenza fa riferimento allo “stato di figlio riconosciuto”, ma non chiarisce se lo status genitoriale della madre intenzionale PMA sorga automaticamente oppure necessiti di un atto di riconoscimento presso l’ufficiale di stato civile.
Se si ritenesse che il legame sorge in via automatica, si configurerebbe una disparità rispetto a quanto accade nelle coppie eterosessuali che accedono alla PMA, dove il padre non coniugato è sempre tenuto a effettuare un riconoscimento formale.

  • E i figli già adottati dalla madre intenzionale?

Dal 2014 molte coppie hanno dovuto ricorrere all’adozione in casi particolari (art. 44, lett. d, L. 184/1983) per consentire alla madre intenzionale di acquisire la responsabilità genitoriale. Tuttavia, la sentenza n. 68 non sembra avere effetti retroattivi, né prevede meccanismi per correggere lo status giuridico dei minori già adottati.
Concretamente, quei figli continueranno a risultare formalmente adottivi, nonostante oggi la base normativa che ha imposto quella soluzione sia stata dichiarata incostituzionale.

PMA e donne single: la Corte conferma il divieto, ma apre al legislatore

Con la sentenza n. 69/2025, la Corte ha invece respinto le censure di incostituzionalità dell’art. 5 della legge n. 40/2004, che riserva l’accesso alla PMA alle coppie di sesso diverso, coniugate o conviventi.
Secondo la Consulta, non spetta al giudice costituzionale superare questa limitazione, che può essere eventualmente rivista dal legislatore nell’ambito della sua discrezionalità.
Pur ribadendo il principio di autodeterminazione, la Corte ha ritenuto che la normativa vigente non sia manifestamente irragionevole, in quanto orientata alla tutela del nascituro in un contesto genitoriale biparentale.

Una disciplina ancora incompleta

Le due pronunce dimostrano che il diritto è chiamato oggi a confrontarsi con una realtà familiare profondamente cambiata. Se da un lato si compie un passo importante nel riconoscimento delle nuove forme di genitorialità, dall’altro permangono zone grigie che rischiano di produrre disuguaglianze e incertezze.

È auspicabile che il legislatore intervenga:

  • per definire in modo chiaro le modalità di riconoscimento nelle coppie omogenitoriali;
  • per prevedere un meccanismo di “conversione” dello status per i minori già adottati dalla madre intenzionale.

Conclusione

La genitorialità non può essere misurata soltanto sulla base della biologia.
Le sentenze della Corte costituzionale del 22 maggio 2025 pongono al centro il diritto del minore a un’identità familiare coerente con la realtà affettiva e con la responsabilità effettivamente assunta da chi ha scelto di generarlo.

Ma perché tali diritti siano davvero garantiti, occorre un passo ulteriore: una riforma legislativa capace di tradurre i principi affermati dalla Corte in regole chiare, applicabili e inclusive.